La polenta al cavolo nero
Porzioni:
6
Pronta in:
45 min
Ingredienti
q.b. peperoncino in polvere
4 acciughe o alici
2 spicchio aglio
400 grammi farina di mais bramata BioFan
cucchiaio parmigiano reggiano
5 decilitro latte intero
q.b. sale
600 grammi cavolo nero
Preparazione
- Pulisci e lava il cavolo, poi dividilo in 2 o 3 parti e lessalo in acqua calda e salata per circa 20 minuti. Dopo averlo lessato, scolalo, strizzalo e taglialo
- Elimina il sale dalle acciughe lavandole sotto l’acqua corrente, privale della lisca e asciugale con della carta assorbente.
- Taglia l’aglio e mettilo a soffriggere in un tegame con 3 cucchiai di olio. Dopo aver insaporito il soffritto, elimina l’aglio, unisci il cavolo nero e un pizzico di peperoncino piccante in polvere. Lascia cuocere a fuoco vivace per 3 o 4 minuti. Prima di spegnere aggiungi l’acciuga spezzettata e amalgama per bene.
- Infine prepara la polenta, “impiattala” e servila ancora calda. Per la ricetta della polenta, porta a ebollizione 2 litri di acqua, aggiungi il sale e versa lentamente la farina di mais mescolando continuamente con una frusta o un mestolo di legno al fine di impedire la formazione di grumi. Cuoci la polenta a fuoco moderato per circa 40minuti lavorando bene con la punta del mestolo sul fondo così da evitare che si attacchi.
- Una volta cotta (lo noterai dalla consistenza), aggiungi il grana grattugiato e il latte, mescola bene e unisci 2/3 di cavolo nero. Infine, distribuisci la polenta nei piatti, unisci il cavolo rimasto e un filo d’olio extravergine d’oliva, poi servi il tuo primo di polenta al cavolo nero.
Alle origini della ricetta:
La polenta è un piatto arcaico, uno dei primi impasti cotti dell’umanità. Era certamente in uso già tra i sumeri e in Mesopotamia dove era preparata con miglio e segale. I greci utilizzavano la farina d’orzo e ne esistono infinite varianti a seconda delle materie disponibili sia in Africa che in Asia.
Il termine polenta deriva dal latino puls e in epoca repubblicana era un cibo tanto comune che diede ai romani il nome di pultiferi, ossia mangiatori di polenta. Al tempo si trattava di un impasto a base di macinatura di farro cotto in acqua e sale, servito con un contorno di ceci, pesciolini sotto sale (gerres o maenae), frutta, formaggi, verdure cotte e a volte carne.
Con la scoperta dell’America, e l’arrivo del mais – che veniva coltivato già da migliaia di anni in America Centrale – nella storia della polenta avvenne una vera e propria rivoluzione: nel nostro continente infatti il piatto, a partire dal Cinquecento (in Veneto, espandendosi successivamente nel bergamasco, nel milanese e in Piemonte), iniziò a diffondersi tra gli strati più umili della popolazione.
Nel Sette-Ottocento la polenta, un alimento molto economico, era alla base dell’alimentazione nelle zone rurali della Penisola e a volte era l’unico cibo disponibile. Purtroppo, parallelamente a questo largo consumo, alla fine del 19mo secolo si diffuse capillarmente anche la pellagra, una malattia legata alla carenza di vitamine del gruppo B, niacina (vitamina PP) o di triptofano (l’amminoacido necessario per la sua sintesi), che venne sconfitta solo apportando importanti cambiamenti alimentari.
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